Museo Etnografico de' Colucci - Alla scoperta di Civitella Roveto

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Museo Etnografico de' Colucci

                               candidati a Civitella Guides
    Patrizio Colucci


La nascita, la storia e la realizzazione del Museo appare tanto semplice che quando ci ripenso, e vedo lo sviluppo che sta avendo e che certamente continuerà ad avere, mi vien  quasi da ridere.
Il patrimonio di oggetti e arnesi da lavoro è interamente di proprietà della mia famiglia che li ha usati se si fa eccezione per la carrozza “Timonella
“ di epoca manzoniana che acquistai nel periodo dell’austerity nel ’73 –‘74 in Germania. Le auto non potevano circolare nei giorni festivi, così le carrozze ed i calessi diventarono una moda, ma in qualche caso anche necessità del momento; altre donazioni: una forgia con incudine donata da Sinesio, un banco da falegname da Augusto, ed  altri piccoli arnesi dai cugini Mario, Rita e Anna.


MUSEO ARTI E MESTIERI

Tornando al Museo non è stato facile selezionare i pezzi della raccolta da esporre nelle due stanzette e nelle rientranze del corridoio. Si è deciso di esporre per ora solo  ciò che serviva, per l’aratura, erpicatura, fienagione, semina, vagliatura, mortai e macine, farine, pesi e misure. Ma i reperti in mio possesso sono oramai quasi 700, tra enormi, grandi e piccoli, e si è dovuto quindi tener conto delle esigenze dell’allestimento e dei problemi posti dallo spazio museale per ora angusto; cosicchè la maggior parte di queste preziose collezioni è dovuta rimanere nelle cantine e nelle soffitte: dalla mobilia agli  arredi ed accessori della camera da letto e della cucina, le stoviglie di terracotta e rame, ma anche tutto ciò che occorreva alla donna per altre lavorazioni artigianali, filarini, tomboli ecc. . Insomma un tesoro senza eguali che illustri demologhi, antropologhi ed illustri abruzzesi di cultura, dei Finamore, dei Pansa, dei De Nino, senza escludere le narrazioni magniloquenti e pure notevoli dei Michetti, dei d’Annunzio, dei Basilio Cascella, non sono rimaste che sparse membra. Questi, già invitavano alla salvaguardia di tutte le testimonianze agricole e pastorali nei decenni passati largamente disperse o compromesse.
Io nel mio piccolo mondo agricolo familiare sono riuscito a salvare dalla dispersione e dai sempre più esiziali saccheggi questo patrimonio cosiddetto minore che costituiva invece originale ed eloquente testimonianza della vita vera degli abruzzesi, della loro fatica e dei lavori quotidiani.
Il Museo raccoglie attrezzi e oggetti umili ma prodigiosi è un luogo struggente, è il sarcofago di una esistenza cruda fatta di fatica e di sudore.
Questo complesso espositivo,  diffuso in vari spazi del paese, deve essere diverso dagli altri musei sulla civiltà contadina esistenti in Italia. Con esso si vuole focalizzare il problema dell’uomo contadino, il suo pensiero, le sue condizioni di vita, il suo vivere quotidiano, la sua famiglia, la sua casa, quindi non si devono privilegiare solo gli aspetti legati alla concretezza materiale, alla forma, all’aspetto tecnologico di realizzazione o d’uso dell’oggetto esposto, ma anche tutto quello che ci fa comprendere, gli atteggiamenti, le idee, la saggezza, le lotte sociali, di quell’uomo preindustriale. Ci si trova così a riflettere sui rapporti che il contadino aveva con la terra, con gli animali, con il lavoro, basati nel mondo agricolo esclusivamente sullo sforzo fisico di uomini e donne, vere e proprie bestie da fatica, che nei campi si sfiancavano insieme ai buoi, ai muli, agli asini e, quando non li possedevano, talvolta li sostituivano.
Altra finalità del Museo è quella di poter offrire un adeguato “strumento didattico
“ agli studenti di ogni ordine e grado (già si è registrata la presenza studentesca di alcune scuole superiori di Avezzano) che, visiteranno annualmente lo spazio espositivo, traendo spesso motivi per tracciare ricerche, studi e tesi sulla cosiddetta cultura materiale abruzzese.
Il nuovo spazio espositivo della Rua Ritta
(ora via Regina Margherita) al civico 13/a,  raccoglie le arti ed i mestieri più comuni in paese, il falegname (con i suoi infiniti lavori nella costruzione di tavoli, sedie, armadi ecc.); il fabbro (capace di forgiare il ferro ma anche trasformarsi in maniscalco per rimettere a nuovo i ferri agli asini, cavalli e buoi); l’arrotino (che sapeva anche tornire il legno) o il segantino. Un’antica centrale idroelettrica per abitazione degli anni ’20, una ventilatrice per legumi. Poi c’è l’angolo del pastore (“la mandra” così chiamata in paese) con la sua fase di lavorazione per produrre il formaggio, l’angolo del vinaio con tutta la sua oggettistica per le fasi di lavorazione; l’apicoltore (mielaio) con il ciclo produttivo, riflesso e testimonianza di una vitalità della tradizione apicola radicata nel territorio. Non mancano alcune rare macchine dalla trinciaforaggio alla traglia (macchina da trasporto senza ruote a trascinamento), al distillatore per rosoli, elisir ed alcool; il basto per l’asino con i suoi contenitori da trasporto (jù biunzo e jù cistrono). Un vero e proprio laboratorio didattico ove annualmente verranno riproposte le fasi lavorative, della vite, del miele e del latte.
Sul piano metodologico, si è inteso “ricostruire“ una sorta di visita guidata, creando un vero e proprio itinerario museale attraverso il quale si ripercorrono le singole sezioni espositive, rivolgendo l’attenzione ai reperti più significativi mediante l’esame di schede-campione esplicative.
Per concludere, non mi resta altro che augurare al paese di Civitella Roveto che questa iniziativa, venuta fuori così spontaneamente e realizzata solo con la comprensione e la generosità di poche persone, del Parroco del paese Don Franco Geremia che ha messo a disposizione più di un locale, della famiglia de’ Colucci che ha saputo conservare attraverso gli anni quei strumenti ed oggetti tali da poter rivisitare quei valori storici-culturali, gli usi e le consuetudini, la campagna, la fatica dell’uomo. Che il ricordo possa crescere e fruttificare fino a raggiungere quella completa maturazione culturale - museale  e delle tradizioni più genuine; in breve di quelle radici che sono state e rimangono la memoria storica di una famiglia e di una comunità.

 
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